ANNO 14 n° 111
Economia al palo,
la Tuscia s'interroga
Michelini infonde fiducia
ma la Cisl incalza: ''Politiche miopi''
15/07/2014 - 02:01

di Domenico Savino

VITERBO – L'economia viterbese resta al palo. Fiaccata da sette anni di crisi. I numeri del Sole 24 ore inchiodano la Tuscia: è la provincia che dal 2007 al 2013 ha maggiormente risentito degli effetti del pesante rallentamento economico del paese. Quel punteggio 63,9 è l'indice più evidente di un passo da bradipo nel combattere la peggior crisi economica dal dopoguerra ad oggi.

Sui dieci parametri con cui il più importante quotidiano economico – finanziario ha misurato gli effetti della crisi, sono tre le voci che destano più allarme. Quelle riguardanti l'aumento della disoccupazione, il crollo del Pil e la diminuzione del costo delle case. Nella Tuscia il tasso di disoccupazione è del 15,63% più alto della media nazionale (12,2%): l'aumento rispetto al 2007 è del 63,3% (ottantacinquesimo posto su centotredici province). E se l'economia nazionale rallenta e da anni il prodotto interno lordo presenta il segno negativo, la provincia di Viterbo risponde pienamente all'analisi: il dato pro capite è sceso da 20384 euro a 18664 (-8,5%). Scende il potere d'acquisto delle famiglie indebolito dalla ricerca da parte delle aziende degli ammortizzatori sociali che ala lunga ha determinato un crollo dei consumi. Il terzo dato su cui è necessaria una riflessione è l'acquisto delle abitazioni: la Tuscia è al dodicesimo posto, un calo del 23,7% (da 1900 euro al metro quadro a 1450 euro)

E allora è necessario trovare degli antidoti alla crisi, dei rimedi che guardino al medio e al lungo periodo e che facciano rialzare e camminare questa terra.

Il sindaco di Viterbo, però, non è preoccupato. Michelini prova ugualmente ad infondere fiducia: ''Il dato riguarda un periodo pregresso che va dal 2007 al 2013 e non è una foto istantanea – spiega l'inquilino di Palazzo dei Priori -. Sostanzialmente si fa un'analisi da come eravamo a come siamo adesso. Io non sono preoccupato anche perchè ho dei dati forniti dal Censis che si riferiscono ai primi sei mesi del 2014 e inseriscono Viterbo e la sua provincia al diciassettesimo posto in ordine al vigore economico''.

Decisamente diversa è l'opinione di Fortunato Mannino della Cisl: ''Si tratta di un dato che non mi coglie impreparato – attacca -. Il potere economico della provincia è crollato per colpa di una serie di politiche economiche messe in campo dalle varie amministrazioni che si sono susseguite miopi e che non hanno messo in sicurezza la città, che non hanno mai guardato al lungo periodo. Altro discorso meritano le banche: Viterbo è una città anomala a fronte dei tanti sportelli aperti i cordoni sono sempre più stretti. Soluzioni? Politiche che aiutino le aziende ad investire, aiuti a coloro che hanno ancora il coraggio di tenere la saracinesca ancora alzata''.

Le imprese, invece, invocano le riforme: ''Farle subito e farle presto – dice Giuseppe Crea, Federlazio – e invece sia a livello nazionale che locale si cincischia fin troppo. I dati del Sole 24 ore non mi colgono impreparato e vanno nella direzione delle indagini congiunturali che come associazione abbiamo proposto nei mesi passati. Gli effetti della crisi si sentono, calano i fatturati e l'occupazione e di conseguenza i consumi delle famiglie. Per uscire da questa situazione serve una strategia di lungo periodo che, però, allo stato attuale scarseggia. A livello locale il Comune potrebbe intervenire ad esempio sui piani integrati o sull'edilizia''.

Più cauto nell'analisi dei dati è Domenico Merlani (Unindustria). A suo avviso ''sono fondamentali le riforme nazionali che a cascata trascinerebbero le economie locali. Tuttavia credo che sia una classifica difficile da decifrare, lascia il tempo che trova. Resta il fatto che la nostra provincia ha pesantemente risentito della crisi soprattutto nella zona del distretto ceramico e per il settore delle costruzioni: pesanti rallentamenti che hanno inciso sul Pil. Va detto che nella nostra provincia c'è poca propensione alla richiesta di finanziamenti perchè si rischia poco e questo è un retaggio culturale. Strategie per superare l'empasse? Sono fondamentali le riforme senza dimenticare i problemi della Regione: le nostre aziende pagano l'Irap più alta d'Italia''. Anche questo frena la crescita.





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