ANNO 14 n° 89
Punk forever, Fandango di primavera
>>>>>>>>>>>>>>>>> di Massimiliano Capo <<<<<<<<<<<<<<<<<
14/04/2014 - 02:01

di Massimiliano Capo

“Chi è il grande drago, che lo spirito non vuol più chiamare signore e dio? ‘Tu devi’ si chiama il grande drago. Ma lo spirito del leone dice ‘io voglio’.

‘Tu devi’ gli sbarra il cammino, un rettile dalle squame scintillanti come l’oro, e su ogni squama splende a lettere d’oro ‘tu devi!’.

Valori millenari rilucono su queste squame e così parla il più possente dei draghi: ‘’tutti i valori delle cose – risplendono su di me’’.

‘’Tutti i valori sono già stati creati, e io sono – ogni valore creato. In verità non ha da essere più alcun ‘io voglio!’’.

Così parla il drago.

Fratelli, perché il leone è necessario allo spirito? Perché non basta la bestia da soma, che a tutto rinuncia ed è piena di venerazione?

Creare valori nuovi – di ciò il leone non è ancora capace: ma crearsi la libertà per una nuova creazione – di questo è capace la potenza del leone.

Crearsi la libertà e un no sacro anche verso il dovere: per questo fratelli è necessario il leone.

Prendersi il diritto per valori nuovi – questo è il più terribile atto di prendere, per uno spirito paziente e venerante. In veritàun depredare per lui e il compito di una bestia da preda.

Un tempo egli amava come la cosa più sacra il ‘tu devi’: ore è costretto a trovare illusione e arbitrio anche nelle cose più sacre, per predar via libertà dal suo amore: per questa rapina occorre il leone.

Ma, ditemi, fratelli, che cosa sa fare il fanciullo, che neppure il leone era in grado di fare? Perché il leone rapace deve anche diventare un fanciullo?

Innocenza è il fanciullo e oblio, un nuovo inizio, un giuoco, una ruota ruotante da sola, un primo moto, un sacro dire di sì.

Sì, per il giuoco della creazione, fratelli, occorre un sacro dire di sì: ora lo spirito vuole la sua volontà, il perduto per il mondo conquista per sé il suo mondo.”

Ecco, io potrei chiudere la rubrichina di oggi anche qui.

Con questo frammento di Nietzsche dal suo Così parlò Zarathustra.

Posso solo diminuirne la forza aggiungendo qualcosa di mio ma, temerario quale sono, ho deciso di provarci lo stesso.

E allora, mentre ieri rileggevo il buon vecchio Federico e fuori il tempo tendeva ad un fastidioso grigiore, dentro di me cresceva la voglia di comporre un puzzle di tutte le cosine che questa paginetta mi stava sollecitando.

La prima cosina riguarda la forza delle energie interiori necessaria per affermare il nostro essere nel mondo. La capacità di creare i nostri valori contro le centinaia di ‘tu devi’ che ci circondano, ci limitano, ci impediscono di rilasciare tutta la nostra forza creatrice.

E la consapevolezza di quanta fatica costi quell’’io voglio’ leonino e quel dire di sì del fanciullo che ci portiamo dentro.

La seconda cosina mi è venuta in mente stamattina quando il sole si è alzato ed era chiaro e caldo come il sole di primavera deve essere.

Ero lì col portatile sulle gambe a cercare il giusto inizio per questa paginetta e mi è tornato in mente un vecchio film che ormai ha trent’anni e che è anche il primo con Kevin Costner protagonista.

Si intitola Fandango e io l’avrò visto almeno una ventina di volte e lo so più o meno a memoria. La prima fu appena uscito, era l’ottantacinque, e io ero a Roma e ne avevo letto su una rivista di musica e ci andai.

Lo davano in centro, al cinema Barberini ed era prima delle multisale ma il Barberini più o meno già lo era e lo proiettavano in inglese e io lo vidi in lingua originale ed era ed è un film rock pieno di musica meravigliosa a cominciare da una iper-elettrica Born to be wild degli Steppenwolf per finire con un pezzo meraviglioso di PatMetheny e LyleMays.

E allora, potenza della rete, mi sono messo a cercarlo e me lo sono guardato in streaming e volevo vederne giusto un po’ e non sono riuscito a smettere e mi sono commosso come la prima volta e mi è venuto da piangere a ripensare al tempo che è passato, agli amici di sempre con cui l’ho visto e rivisto, ma soprattutto mi sono emozionato come sempre a pensare a quell’amore supercosmico che tiene insieme la storia e che la rende dolce e amara come solo le cose che sanno farti cambiare il tuo punto di vista sul mondo.

Perché Fandango a me un po’ ha cambiato la vita. E Deb, la protagonista femminile della storia, è la ragazzina dai capelli rossi più rossi che ci sia. E la scena al tredicesimo minuto io me la sono immaginata con tutte le ragazzine dai capelli rossi della mia vita e It’stoo late di Carole King è la mia colonna sonora ideale dell’amore, quello cosmico, culico, maiale e godurioso. Quello che ti strappa dal divano dove stai dormendo e ti porta lassù dove tutto gira vorticosamente e anche un sorriso è un orgasmo e si ride e si gioca e si parla e ci si scambiano le energie cosmiche come quando da bambino dai la manina alla tua bambina preferita e ti senti forte forte e guardi al mondo come fosse il tuo e di nessun altro.

E il finale, in cui si balla un fandango da sogno, chi non ha avuto voglia di ballarlo e di non smettere mai?

Ma il film racconta anche il tempo che passa, le scelte da fare, i ‘tu devi’ a cui contrapporre i propri ‘io voglio’. Racconta la guerra del Vietnam e la fine dell’adolescenza, racconta gli amori che non finiscono mai e la vita che prende una piega imprevista. Racconta l’energia del rock, della musica, e la forza di uno sguardo muto, quando a parlare basta il cuore e un bacio non dato.

Insomma, racconta di noi con la cazzona leggerezza di un gruppo di amici alle prese con la storia quella con la esse maiuscola e con le storie quelle di ogni giorno su questa terra che con la Storia si intrecciano, la subiscono e la fanno.

E poi avrei voglia di continuare ancora e tirar fuori gli Satdio che mi hanno accompagnato scrivendo e io li adoro e dicono un sacco di cose fichissime e bellissime ma sono andato già fin troppo lungo e di Medioera questa settimana non ho parlato e lo farò, giuro che lo farò, la prossima settimana con tutto il programma completo.

Ma oggi perdonatemi. Mi sono sentito Kevin Costner, mica uno qualunque. E non ho resistito a tirarmela.





Facebook Twitter Rss