ANNO 14 n° 111
Operazione Babele, fioccano le richieste di patteggiamento
Chiesto da oltre la metà degli indagati
30/09/2014 - 02:01

VITERBO – Nuove richieste di patteggiamento sono arrivate sulla scrivania del sostituto Paola Conti da parte di alcuni indagati nell’ambito operazione Babele. La stessa che, nella primavera scorsa, aveva decapitato un sodalizio criminale dedito allo spaccio di droga nel centro storico del capoluogo.

Il blitz del 19 maggio scorso, in particolare, portò gli uomini dell’Arma facenti capo al comando provinciale di Viterbo ad eseguire venticinque ordinanze di custodia cautelare in carcere e sette ai domiciliari e a sequestrare due etti di cocaina. Una retata dai numeri imponenti, con l’impiego di oltre 250 militari, 80 mezzi, un elicottero e 4 unità cinofile.

Alla fine di maggio, conclusi gli interrogatori di garanzia, già si era capito che, gran parte dei indagati avrebbero scelto la via del patteggiamento. E, infatti: ad oggi più della metà delle persone finite sul registro delle informazioni di reato hanno presentato istanza.

Le ultime due richieste, in particolare, sono arrivate nei giorni scorsi e, stando a quanto si è appreso, il pubblico ministero titolare del fascicolo, dottoressa Paola Conti, ha espresso parere favorevole.

La maxi retata antidroga suscitò in città molto clamore perché tra gli indagati c’erano anche personaggi conosciuti.

L’operazione aveva permesso di stroncare una fiorente attività di spaccio posta in essere da due bande di stranieri che si dividevano il cuore di Viterbo: la zona del Sacrario, compresa piazza San Faustino e via Cairoli, era nel mirino dei dominicani, il quartiere San Pellegrino era invece la piazza dei maghrebini.

Ma tra gli arrestati e gli avvisi di garanzia figuravano anche viterbesi. Quindici in tutto. “Tutti residenti a Viterbo città – spiegarono dal comando provinciale - , tranne uno di Vitorchiano e uno di Soriano al Cimino”. Nel traffico di stupefacenti agivano come “pusher al dettaglio”. Dalle indagini era infatti emerso un punto di continuità nelle differenti modalità di reperimento della droga e di spaccio delle due comunità di stranieri. Sia i dominicani che i maghrebini si affidavano dietro compenso a terze persone, nella maggior parte dei casi incensurate.





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