ANNO 14 n° 116
La giovane fu uccisa con 30 coltellate
L'assassinio commesso sotto gli occhi della figlioletta Giada di soli 14 mesi
07/10/2011 - 04:00

di Alessia Serangeli

VITERBO - “Mai visto niente di simile”. Sono le tre del pomeriggio quando un delitto, definito “efferato”, sconvolge la città delle ceramiche e non soltanto: nel giro di una manciata di ore la notizia fa il giro di giornali, web e tivvù nazionali. E i cronisti si precipitano: lo scenario, fuori quella villetta color cipria dalle pareti un po’ scrostate teatro dell’omicidio, è convulso: ci sono i carabinieri della Compagnia civitonica, quelli del Nucleo investigativo, del Reparto operativo e le squadre del Ris di Roma, che entrano ed escono con espressioni che lasciano ben intendere quanto la scena criminis sia raccapricciante. “Mai visto niente di simile in tanti anni di carriera”, dichiarerà il sostituto procuratore Renzo Petroselli subito dopo il primo sopralluogo.

L’esame autoptico, i risultati e le prime piste battute dagli inquirenti. Due giorni più tardi (il 5 ottobre), all’obitorio del cimitero San Lazzaro, viene eseguito l’esame autoptico sul corpo della vittima, i cui risultati si sarebbero avuti a poche settimane di distanza.

Marcella Rizzello – così emergeva dalle perizie - era stata assassinata con un coltello da cucina (mai trovato): una trentina i fendenti da cui era stata raggiunta, al volto e all’addome soprattutto, fino al colpo mortale alla gola. Un omicidio così spietato da spingere gli inquirenti a prediligere, in principio, la pista della premeditazione.

L’arresto di Francesco Vincenzi, il sospettato principale. Si inizia a scavare nelle vite di Marcella e del compagno Francesco Vincenzi; lo stesso che al rientro dal lavoro - alle 13,30 del 3 febbraio - aveva rinvenuto il corpo esanime della convivente in una pozza di sangue nella camera da letto della loro abitazione. Gli investigatori indagano a 360 gradi e vengono alla luce alcuni scheletri nascosti nell’armadio. Come lo stile di vita un po’ borderline della coppia e l’uso di stupefacenti (il 13 gennaio 2011 Vincenzi sarà arrestato per droga).

Un paio di settimane dopo il fatto, l’impressione – confermata, smentita e poi riconfermata dagli “addetti ai lavori” – è che il sospettato principale sia proprio il compagno della vittima, sebbene sul registro delle informazioni di reato non ci fosse ufficialmente alcun indagato.

In caserma sfilata di “persone informate sui fatti”. Proseguono, nel frattempo, i sopralluoghi del Ris nella villetta in via dei Latini, e l’andirivieni dalla caserma di Civita Castellana di conoscenti, amici e parenti ascoltati in qualità di “persone in formate sui fatti”. Ma l’inchiesta non va a dama: manca il movente, l’arma del delitto. E l’assassino.

La svolta nelle indagini. Arriva per un caso fortuito il 17 maggio. Cinque giorni prima un uomo di 35 anni di origini campane, Giorgio De Vito, era stato arrestato per tentato omicidio dopo un’aggressione al nuovo compagno della sua ex polacca Mariola Henrika Michta. Il 12 maggio, ricoverato in ospedale, il napoletano viene sottoposto all’esame del Dna e si scopre che combacia perfettamente con il materiale biologico trovato sotto le unghie della povera Marcella. De Vito, già detenuto a Mammagialla, viene raggiunto da una nuova ordinanza di custodia cautelare. Stavolta per omicidio.

Insieme a lui le manette scattano anche per la Michta, accusata in concorso.

La ricostruzione degli investigatori. “Un furto finito in tragedia”, così gli inquirenti poche ore dopo i due fermi. Marcella Rizzello era stata barbaramente assassinata per cento euro: questo il denaro contenuto nel portafoglio rubato dalla coppia.

Le dichiarazioni di De Vito e della Michta. Durante gli interrogatori di garanzia – che si svolgono il 20 maggio 2010 – la polacca afferma di essere stata costretta a seguire il compagno soltanto per compiere un furto e di non aver partecipato al delitto. De Vito, dal canto suo, si dichiara innocente e inventerà un sacco di storie, (“Forse l’assassino è mio fratello. Siamo gemelli per questo il Dna è lo stesso”, una bufala smentita, poi, dagli accertamenti della Procura). Le prove a loro carico, comunque, sembrano schiaccianti e il 31 marzo 2011 si celebra l'udienza preliminare del processo. Im questa sede il gup Francesco Rigato stabilisce che si procederà separatamente: la Michta sarà giudicata con rito abbreviato, mentre De Vito con l’immediato in Corte d’Assise.

La condanna della Michta e la perizia psichiatrica su De Vito. L’11 aprile la polacca viene con dannata a 18 anni di reclusione, tre di libertà vigilata e interdizione dai pubblici uffici.

Per De Vito il processo vero e proprio si apre il 17 giugno con un’udienza di tipo interlocutorio necessaria ad incardinare il dibattimento e a presentare liste testimoniali ed istanze da parte di accusa e difesa. Durante la seduta viene accolta la richiesta di perizia psichiatrica: Maurizio Marasco, docente di psicopatologia forense all’Università La Sapienza di Roma, ha iniziato i “lavori” il 21 luglio scorso e dovrebbe illustrare i risultati durante l’udienza prevista per lunedì prossimo.

 

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