ANNO 14 n° 110
Giovedì web, Privacy in rete
>>>> di Samuele Coco <<<<
18/09/2014 - 02:00

di Samuele Coco

VITERBO - Dall’ultimo rapporto sulla trasparenza dell’azienda, Google ha annunciato che sono aumentate le richieste da parte dei governi di tutto il mondo per ottenere i dati degli utenti. Tutte le informazioni che inseriamo nei database online delle aziende a cui ci rivolgiamo rappresentano un grande interesse, oltre che un grande business, per istituzioni pubbliche e private. La questione della privacy in rete è oggetto di continue discussioni da parte dei legislatori di tutto il mondo.

Il direttore legale di Google ha denunciato l’aumento a dismisura di richieste globali durante il 2014. In particolare, le domande sono cresciute di oltre il 19% da paesi come Stati Uniti, Germania e Francia, i più attivi su questo fronte. Google e le altri grandi aziende dell’hi-tech si battono da tempo per cercare di limitare la raccolta sistematica di metadati da parte delle istituzioni, ma sembra impossibile fermare le richieste da parte delle autorità.

Ad ogni modo, la questione della privacy degli utenti non si limita solo alle richieste da parte dei governi: sulla rete esistono una miriade di siti che offrono servizi ''gratuiti''. Dietro alle applicazioni e agli innumerevoli usi di Google, ad esempio, c’è un enorme commercio di dati personali aggregati ai cosiddetti ''information broker'', ossia tutte quelle aziende che hanno nel loro core business l’accumulo e la vendita dei dati personali degli utenti ad altre organizzazioni. Quello che gli utenti, più o meno consapevolmente, stanno barattando è l’accesso e l’uso indiscriminato dei propri dati personali. Questo tipo di mercato, che genera un sempre maggiore interesse economico, non è facile da tracciare.

Dopo lo scandalo del datagate denunciato dall’ex agente FBI, Edward Snowden, diverse ricerche indicano che gli utenti stiano ponendo una maggiore attenzione nel concedere i propri dati sensibili in tutte le attività della rete. A fare da monito, inoltre, ci sono i recenti avvenimenti che hanno coinvolto il sistema cloud di Apple e gli scatti intimi di alcune celebrità statunitensi, tra cui l’attrice Jennifer Lawrence. Le successive indagini, hanno rivelato che alcuni hacker hanno avuto facile accesso alle foto osè dei Vip a causa delle vulnerabili password scelte da questi ultimi per proteggere i propri account.

Apple, al contrario di Google e Facebook, ha sempre fatto vanto della sicurezza dei suoi sistemi. La falla sfruttata dagli hacker è la riprova del fatto che le misure attuali non rappresentino una garanzia contro questo tipo di situazioni. Perciò, ad oggi, l’unica contromisura a nostra disposizione è quella di dare una maggiore importanza alla nostra privacy. É lapalissiano che per prassi paghiamo i servizi offerti da motori di ricerca e social network con i nostri dati personali. Qualcuno è d’accordo, qualcun’altro invece no, ma la nostra sicurezza, la nostra riservatezza e le nostre abitudini meritano, e valgono, senza dubbio, molto più di quello che le aziende vogliono farci credere.





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