ANNO 14 n° 111
Palazzo Spreca, Processo immediato per i due imputati
La prima udienza a carico di Calistroni e Antinori Petrini si terrą l'1 febbraio 2015
Un testimone: ''Le opere quattrocentesche erano al loro posto fino al 1989-1990''
19/08/2014 - 02:01

VITERBO - Saranno processati con il rito immediato (senza il ''filtro'' dell’udienza preliminare), Egidio Calistroni e Emo Antinori Petrini, accusati a vario titolo di aver trafugato gli affreschi di fine Quattrocento di palazzo Spreca, in via Santa Maria Egiziaca, nel centro storico di Viterbo. Calistroni, viterbese, è il proprietario dell’immobile in cui sono stati staccati gli affreschi, molto probabilmente tra il 1988 e il 1990; Antinori Petrini è l’antiquario umbro che aveva messo in vendita i quattordici dipinti raffiguranti le virtù profane a Palazzo Venezia a Roma, in occasione della Biennale internazionale di antiquariato.

La prima udienza del processo, davanti al giudice monocratico Rita Cialoni, si svolgerà l'1° febbraio 2015. Il giudizio immediato presuppone che il pubblico ministero, nel caso specifico il procuratore capo Alberto Pazienti, abbia raccolto prove evidenti che i preziosi dipinti sono stati strappati dalle pareti di palazzo Spreca illegalmente e dopo che il comune aveva venduto l’immobile a Calistroni.

Secondo quanto si è appreso, dalle indagini coordinate dal procuratore Pazienti sarebbe emerso che i dipinti tra il 1989 e il 1990 sarebbe stati ancora al loro posto. A testimoniarlo sarebbe un alto funzionario comunale, ora in pensione che, tra l’altro, ha riconosciuto ''senza ombra di dubbio'', che gli affreschi riportati alle pagine 294, 295 e 296 della pubblicazione curata dallo storico dell’arte Antonio Munoz nel 1913 erano gli stessi che, tra il 1989 e il 1990, erano sulle pareti di palazzo Spreca. Affermazioni, queste ultime, che smentiscono quanto sostenuto dell’antiquario umbro, il quale ha sempre dichiarato che le opere appartenessero al patrimonio della sua famiglia. E smentirebbero anche le affermazioni di Calistroni, che ha dichiarato che quando egli è entrato in possesso dell’immobile i dipinti erano già stati asportati.

Inoltre, grazie alle indagini svolte dall’ispettore capo della Polizia di Stato Felice Ordandini e dal luogotenente della Guardia Finanza Sandro Calista, è emerso che, al contrario di quanto sostenuto da più parti, palazzo Spreca, in particolare la sala degli affreschi, era sottoposta a vincolo fin dal 31 gennaio 1910. ''Entro ogni nicchia, su fondo nero – scrive lo stesso Munoz nel verbale di verifica – è dipinta una figura allegorica di virtù; in tutto sono quattordici: sobrietà, onestà, autorità, perseveranza, verginità, giustizia, speranza, fede, carità, temperanza, preghiera, fedeltà, obbedienza''.

Ed è stato proprio grazie al vincolo che il procuratore capo Pazienti ha potuto disporre la confisca degli affreschi, che sono ormai tornati a far parte del patrimonio della città anche se non fosse più possibile, per sopraggiunta prescrizione dei reati, perseguire penalmente i responsabili del trafugamento.





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