ANNO 14 n° 89
Via Peppino Impastato
a Castel Sant'Elia
All'intitolazione presenti i deputati del Pd Mazzoli e Mattiello
27/07/2014 - 12:01

A Castel Sant’Elia da ieri c’è via Peppino Impastato. L’intitolazione della strada, nella zona di nuova urbanizzazione del paese, è avvenuta nel tardo pomeriggio alla presenza del sindaco Rodolfo Mazzolini e dei deputati del Partito democratico Alessandro Mazzoli e Davide Mattiello, membro quest’ultimo della commissione nazionale antimafia. Hanno partecipato anche il sindaco di Calcata Sandra Pandolfi e la vicepresidente del Pd provinciale, Manuela Benedetti. Letta, durante la manifestazione, una lettera di Giovanni Impastato, fratello di Peppino, che ha ringraziato l’amministrazione per la decisione presa.“Abbiamo voluto – ha detto il sindaco Mazzolini – lanciare un messaggio a tutti i cittadini, ovvero che lotteremo sempre contro le mafie”.

“Il Comune – ha spiegato Mazzoli intervenendo alla cerimonia – ha compiuto una scelta cruciale, accettando una proposta avanzata dal locale circolo del Pd e supportata da tante ragazze e tanti ragazzi che hanno raccolto la sfida della legalità. Non si tratta solo di una scelta di memoria, bensì anche di una scelta di campo:  non abbiamo intenzione di far finta che la realtà più scomoda non esista. Sono anni che leggiamo di infiltrazioni mafiose un po’ ovunque. Di fronte al fenomeno occorre una risposta democratica da parte della pubblica amministrazione e di tutti i cittadini. Il Governo, tra le azioni intraprese in questa direzione, ha costituito l’Autorità nazionale anticorruzione, affidandone la guida a una persona della caratura di Raffaele Cantone. A questo lavoro a livello nazionale, va affiancato l’impegno dei territori, come questo dimostrato da Castel Sant’Elia”.

Mattiello ha invece rimarcato come “la memoria in un luogo pubblico è uno degli atti più importanti che una comunità possa compiere. Sono molti – ha detto – i motivi per ricordare Peppino Impastato. Io ne cito tre: la sua ultima azione è stata denunciare l’abusivismo edilizio per tutelare il bene comune; era un animatore sociale perché aveva capito che la forza delle mafie sta nella solitudine delle persone; inoltre, il 26 luglio è una data simbolica per chi lotta contro le mafie”. In quel giorno del 1992 moriva infatti Rita Atria, appena 17enne, suicidatasi una settimana dopo l’omicidio di Paolo Borsellino. “Rita – ha raccontato Mattiello – ha una storia simile a quella di Peppino: anche lei viene da una famiglia di mafia, anche lei si trova da giovanissima a dover scegliere tra la protezione del branco e quella dello Stato, dopo l’uccisione del padre e del fratello. Lei sceglie lo Stato e si affida a Borsellino, allora procuratore a Marsala, raccontandogli tutto ciò che sa, diventando la testimone di giustizia più giovane d’Italia”. Sotto protezione, Rita, disconosciuta dalla famiglia, viene trasferita a Roma. Dopo l’attentato a Borsellino, non resiste e di getta dal settimo piano dell’appartamento.

Mazzoli e Mattiello hanno anche partecipato alla festa dell’Unità organizzata dal locale circolo del Pd.

 







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